Le Avventure di Coniglio-che-Balza

Capitolo 18 – resurrezione

  In quei lunghi nove giorni, Nerogatto non era andato molto lontano.

Come ogni felino non poteva resistere al correre dietro a qualsiasi cosa strisciasse, svolazzasse o facesse un qualche minimo rumore, ma non si allontanava mai troppo dalla tana del suo giovane amico.

Per cinque giorni aveva provato ad entrare in quel buio cunicolo, a volte deciso a tirar fuori quel testardo roditore magari con gli artigli.

Per cinque giorni la desolazione che si respirava in quel luogo maledetto aveva smorzato il suo slancio rendendo infruttuoso ogni suo tentativo di scuotere Coniglio-che-Balza dal suo insano torpore.

Poi il puzzo era divenuto insopportabile per il suo fine olfatto.

Odore di escrementi e di Morte.

Morte.

Forse il suo amico si era rassegnato a piegar la testa all’Oscura Sorella? Ma perché poi?

Nerogatto non si capacitava della situazione.

Avevano visto o no, con i loro occhi, che la Creatura aveva ucciso il Grande Mostro?

Non era forse questo, Prediletto o no che fosse, un motivo di speranza per tutte le stirpi?

Eppure Coniglio-che-Balza era crollato come sabbia bagnata. E neanche lui si sentiva poi tanto bene.

Aveva anche iniziato a temere che quella depressione fosse contagiosa, sentendosi avvilito ed impotente. “Dovevo saperlo, non si gioca con le maledizioni” si era trovato a pensare più di una volta.

Nonostante ciò non se la sentiva di abbandonare il suo compagno di avventure.

Pur non entrando più nella sua tana, aveva provato ad attirarlo fuori lasciando presso l’apertura dell’orrido buco tutte le pietanze di cui sapeva l’amico ghiotto.

Solo Anima Madre sapeva come si era sentito in imbarazzo nel raccogliere fiori, radici e ciuffi d’erba, sicuramente sotto lo sguardo stupito e divertito delle sue prede.

Ma la speranza che il suo amico si riprendesse e la desolazione per i giorni che invece continuavano a scorrere non erano le uniche emozioni che si contendevano il suo animo.

C’era anche la rabbia.

Rabbia, figlia di impotenza.

Ogni giorno provava a ripetersi fino alla noia che non aveva motivo di restare al fianco di un animale che si voleva lasciar morire. Era sempre stato un solitario, lui. Ed era sempre stato bene.

Che bisogno aveva dunque di un roditore depresso e suicida?

La solitudine, però, per quanto avesse i suoi lati positivi, la sentiva comoda solo fosse stata una condizione di scelta. In quella situazione non poteva scegliere niente. Poteva soltanto osservare, aspettare e subire la sua incapacità di aiutare un amico.

Se in quei nove giorni Coniglio-che-Balza attraversò il suo Inferno personale, anche Nerogatto ebbe le sue pene cui far fronte.

Neanche cacciare gli dava più quel brivido che tanto lo deliziava, a prescindere dal risultato finale. E che dire poi del suo piacere nello scovare qualche madre di sue future cucciolate? Svanito nella preoccupazione che di quei giorni aveva fatto suo pieno dominio.

Potete quindi immaginare il suo stupore e la sua gioia quando, avvicinandosi al Buco dell’Esilio, come lo aveva ribattezzato, vide quella gracile e malridotta parvenza di coniglio che stava masticando un po’ delle primizie che gli aveva lasciato.

La commozione che provò nel vedere quel batuffolo di coda sempre candida, adesso sporco ed aggrovigliato da liquami secchi, si unì all’entusiasmo che la visione dell’amico risorto gli aveva suscitato nel cuore.

Non poté resistere.

Silenzioso per diritto di nascita, si avvicinò cautamente al piccolo coniglio, cercando di soffocare l’entusiasmo che lo stava facendo vibrare come una canna al vento. Quindi gli balzò addosso urlando un poderoso “Evviva!!!”, dando così sfogo a tutte le emozioni che a lungo lo avevano tormentato e che erano state vicine a farlo scoppiare.

Con l’impatto i due rotolarono, ridendo, a Terra.

Poi Nerogatto balzò agile di lato con una forzata espressione di disgusto dipinta sul volto.

–           Amico mio, non so cosa hai fatto in questi giorni ma so cosa farai tra pochi minuti: un bel bagno nel torrente!

Ma non poté finire la frase senza scoppiare a ridere di gioia.

Anche Coniglio-che-Balza iniziò a ridere, ridere tanto.

Le angustie che lo avevano quasi schiacciato si stavano dissolvendo di fronte alla commovente amicizia dimostrata dal suo amico felino. Ne poteva sentire l’aura ribollente e non vi era dubbio alcuno, per nessuno dei due, di quanto tale amicizia fosse profonda per entrambi.

  Il bagno era stato un toccasana. Coniglio-che-Balza si era sentito rinascere ed era per di più lieto di non costituire più un problema per il fine olfatto dell’amico col disgustoso odore del suo tormento.

Raggiunsero insieme una radura inondata dal Sole dove potersi asciugare godendosi i mille colori e le fragranze dei fiori primaverili.

Nerogatto si acciambellò compostamente e, dopo un bello sbadiglio disse:

–           Ora devo assimilare tutte queste emozioni. Tu schiarisciti le idee e goditi il tepore. Se e quando avrai voglia, sarò lieto di ascoltarti

Coniglio-che-Balza si spalmò così a Terra, affondando il muso nell’erba fresca ed odorosa.

Un lento sospiro fuoriuscì dalle sue piccole, rosee narici, quindi si voltò sulla schiena.

Ce l’aveva fatta.

Aveva affrontato Paura e Dolore.

Senza intermediari.

Senza l’aiuto di Anima Madre.

Senza l’aiuto del Testimone Bianco, pfui!

Li aveva affrontati sul loro campo, in un momento in cui mai si sarebbe aspettato di dover intraprendere una tanto titanica battaglia.

Certo il ricordo della fine dei genitori gli bruciava ancora in petto ma adesso era in grado di farvi fronte.

Non lo sentiva più come un pezzo di brace che covava sotto le ceneri, pronto a divampare ogni qual volta qualcosa vi si posasse sopra. Adesso lo immaginava più come una stella ardente, una stella che non si poteva osservare senza che gli occhi lacrimassero ma una stella che poteva insegnargli qualcosa. Adesso aveva la sua stella personale: i suoi genitori.

Sapeva di non essere stato abbandonato perchè codardo. Sapeva di non essere stato maledetto da Morte.

Sapeva di essere vivo grazie all’Amore di sua madre.

Non li avrebbe più dimenticati.

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